venerdì 20 gennaio 2017

Tutti parlano inglese, tranne gli inglesi e gli americani, ovviamente













Immaginate la sala riunioni di un’azienda internazionale con relatori provenienti da tutto il mondo che parlano tra di loro in inglese. Può anche non essere la loro prima lingua, ma tutti riescono a comunicare efficacemente. Poi entra in sala l’inglese o l’americano di turno e inizia a parlare…


Per anni l’inglese è stata la lingua del business. Per farti strada nel mondo, dovevi studiare l’inglese. In questo i madrelingua hanno sempre avuto un vantaggio naturale: non hanno mai avuto bisogno di studiare, sono sempre potuti andare ovunque parlando la loro lingua. Ma è ancora così?

Nel mondo moderno delle comunicazioni internazionali, si preferisce l’uso della forma di inglese più semplice parlata da persone non madrelingua. Libero da battute, giochi di parole, referenze culturali e non parlato così velocemente, l’inglese internazionale è più facile da capire.

Cos’è, quindi, l’inglese internazionale?

Questo Inglese “spoglio”, conosciuto come Globish, è costituito da circa 1500 parole e da una grammatica semplice e standardizzata. Viene classificato nel 2004 dal francese Jean-Paul Nerriere, un ex executive internazionale alla IBM, che ha venduto più di 200.000 libri di testo tradotti in più di 18 lingue.

Perché il Globish sta avendo successo?

Nel mondo del business le sottili sfumature di una lingua non sono così importanti come una comunicazione chiara. Prendiamo come esempio l’azienda coreana che ha deciso di collaborare con un’azienda francese preferendola ad una inglese proprio perché le comunicazioni,  in inglese (!), sono più semplici.

Chi dovrebbe studiare il Globish?

Come studente di inglese aspiri a parlare come un madrelingua e ad imparare tutti i trucchi per usare il present perfect. Ma se dici “I am working for my company since three years", che differenza fa, davvero? Grammaticalmente è un errore e ferisce la sensibilità di qualsiasi madrelingua Inglese o Americano (incluso il tuo insegnante), ma se tutti capiscono esattamente cosa intendi, dov’è il problema?

Ma perché, quindi, è così difficile capire i madrelingua?

I madrelingua inglesi sono noti per essere pessimi studenti di altre lingue straniere, e ciò per due ragioni: la prima è che le scuole in Inghilterra e in America non insegnano la grammatica; la seconda è che per anni si sono adagiati nella convinzione di non avere bisogno di imparare una seconda lingua. Perché dovrebbero, quando il resto del mondo studia inglese?

Beh, sembra proprio che ora il resto del mondo stia imparando una lingua diversa.

Ma perché, quindi, non riesco a capire gli inglesi e gli americani?

Il non dover imparare una seconda lingua, fa sì che inglesi e americani non sappiano cosa significhi avere problemi di comunicazione. Non hanno mai sperimentato in prima persona le difficoltà che una persona che studia una nuova lingua deve affrontare, quindi non pensano proprio ad adeguare e modificare il loro linguaggio. Continuano ad usare frasi idiomatiche (idioms, barking up the wrong tree – rivolgersi alla persona sbagliata), sinonimi (complimentary/gratis/free – gratis), colloquialismi (I wasn’t born yesterday – non sono nato ieri), e phrasal verbs (just get on with it! – datti una mossa!) senza pensare all’impatto che questi hanno sulla loro lingua.

Come tutti quando parlano nella loro lingua madre, anche gli inglesi e gli americani usano humor, referenze culturali e slang. Questo rende sicuramente la lingua più affascinante e coinvolgente per gli interlocutori, ma ovviamente più difficile da capire per i non madrelingua.

Imparare a valutare la propria lingua è un’abilità con la quale ogni studente o insegnante familiarizza in fretta. La capacità di farsi capire anche da chi ha un livello basso deriva, invece, dall’essere empatici nei confronti di quelle persone che stanno imparando.

I madrelingua sono spesso convinti che le loro abilità linguistiche superiori li rendano più facilmente comprensibili da un pubblico di non madrelingua – non è quasi mai vero. Sono invece gli studenti stranieri, con la loro migliore capacità di comprensione della grammatica inglese e una pronuncia più chiara, quelli che riescono a comunicare in modo più efficace.

Corsi di inglese per madrelingua

Ora sono i madrelingua inglese che hanno la necessità di moderare il loro linguaggio, semplificando il loro modi di parlare cosicché gli stranieri possano capirli più facilmente. Le aziende offrono ai propri impiegati madrelingua corsi di Globish o di International English per aiutarli a comunicare più efficacemente.

Cosa possono fare, quindi, i madrelingua Inglesi?
      Parlare più lentamente – il tuo interlocutore probabilmente ha bisogno di un momento in più per capire cosa dici e formulare una risposta.
      Esprimersi con precisione - assicurati di pronunciare le parole chiaramente, separando i suoni e riducendo le contrazioni.
      Scegli con cura le parole – usa un linguaggio semplice e parole basilari (I like – mi piace) non sfumature più ricche (I just adore – semplicemente amo).
      Assicurati di essere compreso – guarda il tuo interlocutore per accertarti che ti stia seguendo. Chiedi se ha capito cosa hai detto (non dicendo “hai capito?).
      Studia una lingua – una qualsiasi. Anche solo le basi. Impara cosa significa parlare un’altra lingua, quali sono i limiti e come funziona.
      Sii informato e rispettoso – ogni cultura ha diversi codici insiti nella propria lingua, una cosa considerata accettabile o addirittura normale in un luogo può non esserlo in un altro.
      Studia l’inglese – procurati un libro di grammatica e rispolvera la tua conoscenza dei verbi così da comprendere il punto di vista delle persone con cui parli e, chissà, magari anche migliorare il tuo inglese.
      Di’ addio alle frasi idiomatiche – ricordo quando mio padre mi disse che ad un seminario di circa 500 persone mostrò una slide con una papera per simbolizzare la frase “get your duck in a row” (essere organizzati - lett. mettere le tue paperelle in fila). Quando guardò il suo pubblico vide un mare di facce confuse che non avevano nemmeno lontanamente capito né la sua battuta né quello che stava cercando di comunicare.
      “Taglia” i phrasal verb – senza iniziare ora una lezione di grammatica, i phrasal verb (cut out – smettere) si formano quando affianchi un verbo (get, set, give) ad una preposizione o ad un avverbio (up, down, in). Scegli un’altra espressione che possa essere invece considerata equivalente, per esempio tolerate invece di put up with (tollerare), o progress invece di get on with (continuare).
      Rinuncia ad ogni riferimento culturale – spesso non ci rendiamo conto che gran parte della nostra comunicazione proviene da situazioni a noi familiari: un americano potrebbe dire “hot dog” quando gli succede qualcosa di positivo, ma questo non avrebbe alcun senso per un giapponese.

I riferimenti culturali sono spesso un problema nell’ambito delle comunicazioni internazionali e sono da tener presente quando si prepara una strategia di business per un mercato estero. Considerare il pubblico internazionale già dall’inizio per assicurarsi che ogni contenuto sia adatto alla localizzazione è una buona idea. Si può rimuovere ogni riferimento culturale che potrebbe non essere compreso, mal interpretato o semplicemente considerato strano da una persona appartenente ad una diversa cultura.

Un esempio recente l’ho avuto leggendo le istruzioni di una pentola a pressione comprata online. I nove programmi di cottura comprendono curry (so a malapena cucinarlo in Italia) e congee (un particolare porridge di riso – per il quale non riesco nemmeno a trovare gli ingredienti). Se dovessi promuovere questo prodotto in Inghilterra terrei la ricetta del curry (gli inglesi lo amano) e toglierei quella per il congee (non saprebbero nemmeno cos’è). Qui in Italia, comunque, sarebbe stato meglio non inserire né l’una né l’altra e aggiungere una ricetta per la salsa di pomodoro.


Everyone is speaking English, except the Brits and the Americans, of course










Imagine the meeting room of an international company with speakers from all over the world talking together in English. It may not be their first language but they all manage to communicate effectively. Then the Brit or American walks in and starts talking…

For years, English has been the language of business. If you wanted to get ahead in the world, you had to study English. So native speakers always had a natural advantage. They didn’t need to study, they could go anywhere in the world and start speaking. But is this still the case?

In today’s world of international communications, the simpler form of English spoken by speakers of other languages is becoming the preference. Free from humour, wordplay, cultural references and speaking too fast, international English is easier to understand.

So what is international English?

This stripped down form of English, known as Globish consists of about 1,500 words and simple standardised grammar. It was devised by Frenchman, Jean-Paul Nerriere, a former international marketing executive at IBM, in 2004, and since then has sold more than 200,000 textbooks in over 18 languages.

Why is Globish becoming successful?

In the world of international business, the subtle nuances of a language aren’t as important as clear communication. Take for example, the case of the South Korean company which decided to work with a French company rather than a British one as communication, in English, was simpler.

Who should study Globish?

As a student of English, you’ve probably aspired for years to talk like a native speaker and learn the ins and outs of the present perfect. But if you say "I am working for my company since three years", what difference does it really make? Grammatically speaking it’s a mistake and will hurt the ears of any British or American listener (including your teacher), but as long as everyone knows exactly what you mean, where’s the problem?

So why is it so hard to understand native speakers?

Native English speakers are notoriously bad at learning foreign languages, and this is for two reasons. One is that schools in Britain and America just don’t teach grammar. The second is that for years, native English speakers have developed the opinion that they don’t need to learn a second language. Why should they when the rest of the world is learning English?

Well, now it looks like the rest of the world is starting to learn a different language.

So, why can’t I understand the Brits and Americans?

Not learning a second language means Brits and Americans don’t know what it’s like to have communication problems. They never experience the problems that language learners go through and so they never think to moderate their language. They continue to use idioms (barking up the wrong tree), synonyms (complimentary/gratis/free), colloquialisms (I wasn’t born yesterday), and phrasal verbs (just get on with it!) without thinking of the impact they have on their language.

As everyone does in their native language, the Brits and Americans use humour, cultural references and slang when they speak, these things all make language more fascinating and the speaker more engaging, but also harder for non-native speakers to understand.

Learning to grade your language is a skill which any language student or teacher learns quickly. The ability to make yourself understood even by low level speakers comes from being able to empathise with their developing language skills.  

Native speakers often assume that their superior language skills make them easier to understand than non-native speakers - this is hardly ever the case though. It’s the foreign students, with their superior understanding of English grammar and clear pronunciation that can communicate most efficiently.

English courses for native speakers

It is now the native English speakers who are having to adjust their language and simplify the way they speak so that foreign speakers can understand more easily. Companies are now offering Globish, or international English courses to native English employees to help them communicate more effectively.

So what can native-English speakers do?

      Slow it down - your listener probably needs a fraction longer to catch your words and formulate their response
      Enunciate - make sure you pronounce your words clearly, separating sounds and reducing contractions
      Word choice - use simplified language and basic words (I like) not advanced nuances (I just adore) and vocabulary
      Check for recognition - look to see if your listener is following you. Ask if they caught what you said (not by saying “did you catch that”)
      Study a language - any will do. Even just the basics. Feel what it’s like to speak another language, what the limits are and how a language works
      Be informed and respectful - every culture has different speech codes ingrained in their language, what is acceptable or the norm in one place may not be in another
      Study English - get a grammar book and brush up on your English verbs so you can see their point of view and well, maybe even improve your own English
      Say goodbye to idioms - I remember when my dad told me that he was leading an international seminar of about 500 people and put up a slide with plastic ducks on it, to symbolise “get your ducks in a row” he looked out into the audience only to see a sea of confused faces that were nowhere near understanding either his humour or what he was trying to communicate.
      “Cut out” the phrasal verbs - without starting a grammar lesson here, phrasal verbs (cut out) are when you put a verb (get, set, give) together with a preposition or adverb (up, down, in). Choose what we would consider a technical sounding equivalent instead, like tolerate for put up with, or progress for get on with.
      Remove any cultural references – often we don’t realise that a large part of our communication comes from things we are familiar with. an American may say “hot dog” (sandwich sausage) when something happy happens, but this is going to make no sense to a Japanese person.

Cultural references are often a problem for international communications and an important issue to consider when preparing your business for international markets. It’s a good idea to consider international audiences right from the start to ensure any content is already suited to localisation. You can do this by removing cultural references that could be misunderstood, misconstrued, or simply just considered weird to someone from a different culture.

A recent example I saw was on the instructions for a pressure cooker I bought online. The nine cooking programmes included curry (I can just about cook this in Italy) and congee (I can’t even find the ingredients here). If I were promoting this product in the UK, I would keep the curry recipe (the Brits love it) and cut out the congee (they wouldn’t know what it is). Here in Italy, however, it would be better to leave them both out and instead add a tomato sauce recipe.




7 consigli per fare affari in Giappone














I giapponesi sanno che per i gaijin (gli stranieri) il loro Paese è complesso, sotto molti punti di vista: la lingua, la cultura, le modalità di relazione. Non si aspettano quindi da noi una conoscenza perfetta della lingua o dei codici culturali. Tuttavia, se l’argomento sono gli affari, il giapponese si aspetta che il gaijin conosca la sua cultura d’impresa ed entri in empatia con lui.

Questi sono 7 consigli per rendere più facile la vostra relazione d’affari:

1. Attenzione alle parole chiave: imbarazzo e rispetto
Non fissare un giapponese negli occhi: potrebbe sentirsi in imbarazzo. Allo stesso modo, un giapponese raramente incrocia lo sguardo per un motivo di rispetto (vuole dare importanza, in quel preciso momento, all’ascolto e alle parole pronunciate, non all’aspetto estetico)

2. Essere puntuali
Si calcola che un treno giapponese accumuli, in un anno, mediamente 1 minuto di ritardo…  Dire che la puntualità è fondamentale è quasi banale, ma è davvero così. Non vi è mancanza di rispetto peggiore che arrivare in ritardo ad una riunione.

3. Il “no” non esiste
E’ molto difficile che un giapponese dica un “no” secco durante un incontro o nell’arco di un rapporto di lavoro. Il consiglio è armarsi di pazienza e cercare di capire nel dettaglio cosa si aspetta la controparte giapponese. Potranno volerci più riunioni per ottenere una risposta chiara.

4. Evitare comportamenti “eccessivi”
Questi sono alcuni comportamenti considerati eccessivi, e quindi da evitare: parlare a voce troppo alta, essere troppo diretti, manifestare le proprie emozioni tramite il contatto fisico (zero baci & abbracci, please), soffiarsi il naso in pubblico (meglio andare un attimo alla toilette).

5. Toglietevi le scarpe
Siete ospiti a casa di un amico, o collega di lavoro? Toglietevi le scarpe! Per i giapponesi non vi è atto di fiducia maggiore di invitare a casa propria un gaijin: vivendo in case estremamente piccole molti provano vergogna della propria situazione. La casa è un luogo intimo, sacro, e le scarpe possono “inquinare” la purezza del luogo.

6. Non perdete la pazienza
Vi capiteranno molte situazioni apparentemente “incomprensibili” e che potranno farvi perdere la pazienza: le spinte in metropolitana, il collega giapponese che tiene gli occhi chiusi mentre vi ascolta, la riunione che si prolunga per 4 ore… Ricordatevi che per i giapponesi ogni gesto, ogni movimento, e quindi ogni comportamento viene studiato, soppesato. Ad esempio, il collega tiene chiusi gli occhi per concentrarsi sull’ascolto, quindi sta dimostrando il massimo dell’attenzione.

7. I giapponesi non sono “freddi”
Falso mito per eccellenza. Sono riservati e con un senso dell’intimità maggiore del nostro, vero. Non significa però che siano poco inclini a socializzare. Nella cultura giapponese il mostrare le emozioni, sia positive sia negative, è considerato un punto debole della persona e quindi i giapponesi crescono imparando a reprimere i propri stati d’animo. La scarsa conoscenza dell’inglese è un ulteriore freno: temono che la loro pronuncia li metta in difficoltà provocando imbarazzo.


Ti suggeriamo, quindi, di applicare fin da subito questi nostri semplici consigli, fondamentali per ottenere i migliori risultati qualora il tuo lavoro ti portasse a lavorare in Giappone.

Se lavori overseas scopri la nostra serie di workshop Doing Business all'estero e contattaci per più informazioni.

martedì 10 gennaio 2017

TRANSLATION PROJECT MANAGER

Ti piacciono le lingue (e i numeri)? Sei preciso e molto socievole? Ami lavorare? Sei orientato all’obiettivo? Abbiamo una posizione di project manager che fa al caso tuo.

Un Translation Project Manager segue tutte le fasi di un progetto di traduzione. E’ il collegamento primario tra il cliente, il team di vendita e lo staff internazionale di linguisti.

Responsabilità:

-Ricevere, gestire, monitorare e  finalizzare progetti linguistici e di traduzione
-Analizzare le richieste dei clienti e gestire i progetti seguendo le procedure di qualità
-Programmare e organizzare il lavoro delle risorse
-Selezionare nuovi traduttori ed esperti linguistici
-Lavorare a stretto contatto, motivandoli,  con traduttori, interpreti e revisori
-Costruire e mantenere relazioni durature e stabili con i clienti
-Inserire i dati fiscali dei clienti e dei collaboratori nel gestionale

Caratteristiche:

-Diploma di Laurea in materie scientifico- umanistiche
-Inglese fluente (livello proficiency in altre lingue
straniere considerato come plus)
-Eccellenti doti communicative-Conoscenza informatica di settore valutata come
plus 
-Capacità multitasking, gestione delle priorità e
coordinamento di progetti complessi-Capacità di problem solving-Gestione dello stress
-Accuratezza e precisione maniacali 😉
-Fortemente interessato alla crescita professionale


Se interessati, inviare CV con foto e lettera di presentazione a desk@makaitalia.com con oggetto: “Translation Project Manager”

Overview:
Maka srl è il partner globale specializzato in formazione e servizi linguistici che si distingue in Italia per un profilo di altissimo livello e un ventaglio di soluzioni a 360 gradi in oltre 50 lingue, rivolte a privati, professionisti e aziende.  

lunedì 9 gennaio 2017

Translation Project Manager

If you like languages (and understand numbers), have an eye for detail,  💜 to work, are goal driven and are exceptionally good company we have a project management position open that may be for you. 

A translation project manager handles all steps in a language or translation project and is the main contact point between a client, the sales and operative teams and the international team of language experts. 

Responsibilities:

Receive, manage, track, and deliver language and translation projects
Planning, prioritizing, scheduling, resourcing
Resource, work closely with, and motivate translators, reviewers, interpreters
Build and maintain successful relationships with clients and language experts
Track and update financial data, invoicing, and benchmarking
Analyze client requirements & manage projects in accordance with strict QC

Qualifications:

University degree
Fluency in English (proficiency in multiple languages a plus)
Excellent communication and interpersonal skills 
Tech smart
Strong time management skills
Ability to multitask, set priorities, and coordinate complex projects
Trouble shooting and problem solving skills
Ability to manage stress
Accuracy and precision manic
Career oriented

Please send your CV with a cover letter and photo to desk@makaitalia.com with the object “translation project manager”

Overview

Maka is a certified language service provider located in Milan, Italy, working with European clients and resources around the globe. For over 10 years Maka has provide premium A to Z tailored language services to clients who need a personalized and quality service they can count on.



Inviare curriculum con foto e lettera di presentazione a desk@makaitalia.com con oggetto “project manager traduzioni”.